I suoi occhi gialli hanno lasciato una sola fessura per gettarvi le monete della notte

Ode al gatto, Pablo Neruda

È difficile spiegare - in quel gioco delle sedie - perché alla fine si fossero fermati l...

Zadie Smith, NW

Spetta all'individuo, e al gruppo di individui, trasformare il brutto in bello

Tom Hodgkinson, La libertà come stile di vita

Scrivere significa riscrivere

Albert Camus

Ogni disordine è disordine controllato, trapunto d'intervalli riservati alla vendita di a...

L'animale morente, Philip Roth

Non avrebbe saputo spiegarla, era una pena che superava il suo livello d'istruzione

Céline, Viaggio al termine della notte

E intanto la triste verità era che non tutti potevano essere straordinari, non tutti pote...

Jonathan Franzen, Le Correzioni

17 Maggio 2017

Non è una modella

“Non è una modella, però con lei sto bene”, questa è la versione classica: del maschio che mette le mani avanti. È un’espressione ancora in uso, sebbene il suo corrispettivo odierno, se non in linea con lo stile dell’amor cortese, è quantomeno più democratico: “Non è una strafiga ma mi piace”. Perché infatti limitarsi a Naomi Campbell o ad Adriana Lima? Possiamo imbatterci in una presunta modella senza dover sfogliare per forza l’ultimo numero di Vogue.

Spesso facciamo tenerezza, noi maschietti. Sottolineare che la ragazza con cui stiamo uscendo non è simile alla Pallade Atena, per poi introdurre una frase avversativa che comunque ne giustifichi la presenza al nostro fianco, è come dire che il Big Mac non è la sintesi di un pasto salutare, ma è comunque saporito. Affianchiamo a un’imperfezione la sua controparte, e cerchiamo la riparazione agli occhi di altri dannati all’insicurezza.

Di seguito, brevi variazioni sul tema:

1) “Non è una modella e le puzza anche il fiato”. Una domanda ragionevole (anche se una fragorosa risata sarebbe l’unica risposta logica) è la seguente: “Perché ci stai uscendo, allora?” In questo intimo tête-à-tête tra due amici, l’uomo che ha ricevuto la domanda sarà grande quanto grande sarà la sua risposta. Che lascio come un fill in the blanks _________, perché adesso non me ne viene una più caustica della seguente: “La natura è a suo modo meravigliosa, ma non sempre ha un buon odore”.

2) “È una dea; ha il mio stesso senso dell’umorismo; mi guarda come se valessi il prezzo del biglietto; e ha le mie stesse passioni… anche sotto le coperte”. Ora, la reazione più comune (anche se una scrosciante risata sarebbe l’unica di valore) è il servizietto infido del “sono contento per te”, o del popolano “che culo che hai”: dipende dalla schiettezza dell’interlocutore.

3) “Per me è bella (di solito chi lo dice alza di un sottotono la propria voce), e stiamo bene insieme”. Questa forma garbata può convincere gli ingenui, ma negli intenti è uguale alla frase: “Non è una modella, ma….”

Poi, un giorno – sebbene sia già successo un trilione di volte – senti pronunciare una di queste espressioni assolutorie – perché è pur sempre di venia che stiamo parlando – dalla bocca di un tuo amico, e ti accorgi che non la interpreti più come una frase fatta. La sua voce stona. Il suo volto quando la pronuncia stona. Nel suo complesso è un motivetto fastidioso.
C’era veramente bisogno di dirlo?
Quando la senti poi da una voce in tutto simile alla tua – dopo averla slegata dalle corde vocali, riavvolgendo il nastro, per farla girare come un loop nella tua mente – le dai un peso diverso; anzi, le dai peso: ecco la diversità. Ti giustifichi a priori per l’aspetto fisico di una donna che stai frequentando; magari siete andati a letto assieme, e soprattutto, avete portato la vostra intimità a uno stadio successivo: avete iniziato a raccontarvi l’un l’altra.

Una storia comune a molti può nascere da questa frase.
Uno di quegli amici pedanti, che prima di chiedervi come vi siete conosciuti, se state bene, se avete già fatto cose, pretende di vederla in foto. Una volta ti chiedevano “com’è?”, e tu dovevi sforzarti un minimo: esagerare, nascondere – fisico, volto, particolari piccanti. Esercizio che poteva stimolare la tua capacità di espressione. Ora è molto più difficile. Quindi: o inventi una scusa poco convincente o prendi il cellulare, sul quale gira internet, sul quale gira Facebook. Fregato. Non vuoi. Sei riluttante. Il tuo sedicente amico non ha fretta. Ti marca stretto. Non vuoi aprire il sacco per mostrare la selvaggina? Che cosa ha cacciato allora il nostro predatore? Tant’è, che è quasi impossibile accampare una scusa. Gli invadenti subodorano la riluttanza, e se ne fregano. Ma in definitiva, perché non vuoi mostrargliela? Non ritieni che lei sia alla tua altezza? Le hai mandato un messaggio a pranzo; baciata prima di buttarti nel traffico; vista alzarsi dal letto alle sette, per andare a lavoro con gli occhi pesti e l’espressione serafica. O pensi che non sia all’altezza per i gusti del tuo amico? E perché mai lui dovrebbe avere un tale potere sulle tue scelte?

Non è bellissima, ma siamo veramente in sintonia”. Appena scoccata la freccia, capisci di aver sbagliato mira. È successo di nuovo. La paura di un giudizio nasconde il terrore che qualcuno abbia abbastanza indizi per inchiodare la tua fragilità e la tua inettitudine. Non siamo più in epoca romana, ma di croci, a riguardo, le strade sono ancora disseminate.

L’amico commenta l’immagine della ragazza sullo schermo a cristalli liquidi: carina. Mentre tu, avvilito, non per il suo commento insipido, ma per la frase che hai detto, scegli come redenzione una banalità, perché è solo nelle banalità che noi troviamo ristoro. Pensi a tua madre, alla sua figura; poi passi dal suo volto, a quello delle madri dei tuoi amici, dei semplici conoscenti, delle donne che hai incrociato per strada quella mattina, fino ad abbracciare in un delirio allucinatorio ogni singola donna del pianeta; semplicemente per arrivare all’inevitabile domanda: perché usare una frase che non ha attinenza con la realtà? Sia ben chiaro, qui non è in esame la bellezza femminile, qui è in esame un tranello.
Confessarsi che anche tu non sei un Adone sarebbe tanto doveroso quanto inutile, ma lo fai lo stesso. Senti ancora vergogna per quella frase. E ti chiedi se anche le donne la usino per schermarsi di fronte alle amiche. “Non è un bel maschio, ma…?“. Lo fanno veramente? Io penso di no. Le donne sono più concrete, vogliono la sicurezza della presenza; a noi, invece, non manca tanto la presenza di una donna al nostro fianco, quanto di un uomo più concreto in noi.

Non so se questo modo di dire sia unicamente italiano (per semplicismo: modella – moda – il fashion e le passerelle dello Stivale) ma precisare che lei non è come dovrebbe essere agli occhi degli altri, fa sì che quegli stessi occhi ci guardino con commiserazione.
Non volevamo l’opposto?
Ciò che cerchiamo di evitare cammina a un passo alle nostre spalle.

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